[CdL + Varese] Il confine tra Italia e Canton Ticino una cerniera che unisce e non divide

Freitag, 4. Oktober 2024

Redazione VareseNews redazione@varesenews.it

In un fazzoletto di terra tra le province di Varese, Como e il Canton Ticino si sviluppa un ecosistema economico con numeri superiori a tanti stati nazionali. Un’area che raccoglie due milioni e mezzo di abitanti, un Pil miliardario e una rete formativa di grande eccellenza. Molte problematiche accomunano questi territori, ma è innegabile che le differenze spesso alimentino uno spirito competitivo in presenza anche di sistemi normativi differenti.

Il Rotary da tempo ha lanciato un Forum promosso dall’iniziativa “Città dei Laghi” del Gruppo di Lavoro Insubrico Rotary insieme al Rotary Varese. L’obiettivo è aprire un dialogo e diverse riflessioni sulle opportunità di una stretta collaborazione tra i vari attori e i territori.

Una serata ricca di ospiti di fronte a una platea di 130 persone che ha potuto ascoltare il rettore della Liuc Federico Visconti, Gianluca Brenna (presidente Confindustria Como), Andrea Gehri (presidente Camera di commercio Cantone Ticino), Roberto Grassi (presidente Confindustria Varese), Oliviero Pesenti (presidente AITI – Associazione industrie ticinesi) e Mauro Vitiello (presidente Camera di commercio Varese presentati e moderati da Antonio Franzi.

LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO SECONDO VISCONTI

“Il rapporto tra impresa e territorio si fonda su diversi pilastri – ha esordito Visconti- Il primo riguarda lo sviluppo e le materie prime. Nel nostro caso un ruolo importante l’hanno giocato i corsi d’acqua. Oggi il tema è più complesso e va reinterpretato anche rispetto ai confini dei territori. Qui abbiamo un’area insubrica o terra dei laghi. La seconda questione è il sistema delle imprese che competono e collaborano lungo le filiere. La nostra zona non ha una specializzazione produttiva e c’è più competizione che cooperazione. Il terzo ingrediente è quello delle competenze e di una cultura molto forte del lavoro. La regione insubrica ha una buona tradizione ma ha un gap retributivo tra le diverse aree e il mercato del lavoro non è omogeneo. Oggi la sfida non è tutelare quel poco che esiste già, ma lavorare su tanti elementi del cambiamento. C’è ampio spazio nella creatività della formazione di reti. Le sfide per le aziende sono tante ma c’è una domanda di fondo: fin dove arriva il mercato e dove la gerarchia? C’è un problema culturale che è quello di capire il ruolo delle imprese e il significato del lavoro”.

Una breve relazione che ha aperto riflessioni per il tavolo degli imprenditori che hanno portato le diverse sensibilità ed esperienze.

LE IMPRESE E LE ASSOCIAZIONI TRA OPPORTUNITA’ E DIFFICOLTA’ NEL COOPERARE

Roberto Grassi, presidente di Confindustria Varese, ha parlato di chiaro scuri per la relazione tra i territori mettendo in evidenza la volontà della sua associazione. “Siamo stati precursori sull’eliminare il campanilismo e lavorare insieme. Dobbiamo operare in modo pragmatico e noi partiamo da un piano strategico che ci guidi fino al 2050. Dovremmo darci un metodo per cooperare insieme a livello insubrico dove ci sono tante esperienze eccellenti. Sul tema della formazione sono più critico. Il costo è sostenuto principalmente dalle nostre imprese e vedere che poi le persone vanno a lavorare oltre frontiera non incentiva”.

Il suo collega comasco Gianluca Brenna, presidente di Confindustria Como, è convinto che “i cambiamenti che avvengono a livello globale favoriscono le sinergie territoriali. Dal modello della globalizzazione si passa a quello della sostenibilità e questo apre uno spazio interessante a livello associativo. Noi abbiamo l’impegno di favorire la cultura d’impresa. L’idea del confine cerniera che unisce e non divide ci deve guidare”.

Dall’altra parte della frontiera ci sono esperienze diverse e per Oliviero Pesenti, presidente AITI – Associazione industrie ticinesi, “l’economia non ha frontiere e in un’area come la nostra è fondamentale cooperare. Deve essere l’economia reale a guidare le scelte. Il lavoro materiale è formativo perché insegna a fare bene. La finanza ha un ruolo fondamentale complementare, ma non deve avere il sopravvento sulla produzione che è la vera ricchezza. Il mondo in cui viviamo è nelle mani della finanza e questo non permette di avere un equilibrio. Il sistema paese deve investire nelle imprese che producono. Abbiamo perso il significato del lavoro”.

Il presidente della Camera di commercio del Cantone Ticino, Andrea Gehri, ha sottolineato come “la demografia è un problema comune mentre la formazione è un’eccellenza per tutti. A fronte della denatalità abbiamo una forte immigrazione. In Svizzera esiste una formazione di tipo duale dove si studia e si lavora. Noi consideriamo una ricchezza il frontaliere”.

L’ultimo intervento è stato quello di Mauro Vitiello, presidente della Camera di commercio di Varese. “La collaborazione nasce anche dall’essere competitivi tra di noi. Oggi questo è difficile al di là dei dati fantastici che emergono dalla nostra area. La questione dei frontalieri non è come viene raccontata. La scelta di tanti lavoratori non è solo una questione di retribuzione ma di condizioni generali.  In diversi territori se non ci fosse la possibilità di lavorare in Ticino non si saprebbe cosa fare”.

L’iniziativa si è chiusa con una testimonianza di Stefania Padoan, imprenditrice e vice presidente Comitato italiani all’estero e con un breve intervento del professore Gioacchino Garofoli che ha poi premiato Fabio Liberali della LuVe di Uboldo e Alfonso Cionti della Lechner di Como.

I relatori, governatori e presidente RC Varese (agenzia Mascheroni)