Al Rotary Varese Sergio Aureli boccia l'accordo fiscale Italia-Svizzera: "Imprese e lavoratori fuggono"

dimanche 25 février 2024

Matteo Inzaghi

  Luvinate: “Troppe tasse all’italiana, calano i frontalieri”

Il numero dei frontalieri sta calando e le imprese cominciano a lasciare la Svizzera.
Scenario impensabile fino a poco tempo fa, ma già attuale all’indomani del nuovo accordo fiscale.
Lo ha spiegato dettagliatamente Sergio Aureli, consulente del lavoro a Lugano e relatore del Rotary Club Varese, guidato dal Presidente Roberto Troian. Ironicamente, Aureli fa notare che il nuovo accordo sta “esportando” oltreconfine la tassazione italiana, con effetti a cascata.
Da un lato, complice la controversa “tassa sulla salute”, i frontalieri vedono ridursi i motivi (economici) per cui valga la pena lavorare in svizzera.
Dall’altro, la diminuzione della manodopera innesca sempre più spesso la delocalizzazione di imprese, invogliate a lasciare il Canton Ticino.

Un dato, chiosa Aureli, che ricade sulle spalle dei contribuenti elvetici: “E’ l’effetto “moltiplicatore” – spiega – che porta a parametrare la tassazione locale con il numero di aziende attive sul territorio”.  

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Cronaca della serata

Al gong, il Presidente introduce il tema della serata: “Frontalieri ed economie di confine. Cosa sta cambiando con i nuovi accordi fiscali Roma/Berna”.

“A parlare della questione, che ci riguarda molto da vicino” dice il Presidente, “l’ingegnere Sergio Aureli, esperto di relazioni transfrontaliere e più in generale di rapporti istituzionali italo/svizzeri”.

A seguire l’elenco degli ospiti. Fra i tanti, gli amici Soci del R.C. Lugano Franco Negri, del R.C. Mendrisiotto Enrico Mascheroni, del R.C. Appiano Gentile Sergio Barzasi. La Vicepresidente del Comitato Italiani all’Estero di Lugano Stefania Padoan, Ennio di Bacco del sindacato UIL, il giornalista Matteo Inzaghi. Mattia Zaupa e Giovanni Smilari sono i due studenti del quinto anno dell’Ipsia Newton invitati alla conviviale.

La cena. La relazione: “Varrà ancora la pena andare a lavorare in Svizzera? Cosa sta succedendo a cavallo del confine dopo l’entrata in vigore dei nuovi accordi fiscali fra Roma e Berna?”

Sono le domande lancio, rivolte dal Presidente al relatore. Nelle note di Sergio Aureli, i contenuti salienti della sua relazione: “L’economia di confine può subire le conseguenze derivanti dall’accordo fiscale dei lavoratori frontalieri?

Beh, sotto alcuni aspetti, attraverso una prima e macro valutazione, direi certamente di sì. Nel merito è chiaro che ridurre la manodopera frontaliera nell’area di confine, se politicamente può essere un risultato importante e se il rientro dei lavoratori frontalieri sul territorio italiano è anch’esso un risultato importante per la politica italiana, di contro, sull’economia di confine ha delle ricadute non indifferenti.

Nello specifico, ridurre la manodopera frontaliera sul territorio svizzero significa non garantire l’occupazione sufficiente tesa al mantenimento della produttività e quindi la continuità delle attività produttive! Questo significa che le imprese potrebbero non avere futuro se non in grado di garantire la produttività a scapito chiaramente del loro business. Soluzioni possibili per le aziende potrebbero essere quelle di cominciare a valutare una possibile delocalizzazione.

Delocalizzare la loro attività significa per i residenti in Ticino certamente un aumento dell’imposizione fiscale, un aumento della tassazione verso un logico aumento del moltiplicatore; inoltre, una ridotta liquidità a disposizione dei cittadini residenti sul suolo svizzero spingerebbe gli stessi a spostarsi sul territorio italiano come nuova residenza, oppure spostarsi in Italia per fare gli acquisti di prima necessità e non solo.

L’accordo fiscale potrebbe generare un vortice di declassamento dell’economia di confine, se valutato a lungo termine, anche considerando che un minore gettito fiscale a causa della riduzione dei lavoratori frontalieri comporterebbe un minor ristorno verso i comuni di frontiera con tutte le conseguenze del caso; laddove poi, se il fondo previsto (fondo disoccupazione straordinaria frontalieri docet) dovesse essere rivisitato in ragione del fatto che i frontalieri sono diminuiti, si avrebbero importanti ricadute, in particolare nei servizi, anche per i cittadini italiani dei comuni di frontiera.

Serve un’attenta valutazione al fine di scongiurare un cortocircuito dell’economia di frontiera.”

Diversi gli interventi: Franzi, Barzasi, Graglia, Mascheroni, Di Bacco, Castelnovo e dei due studenti, Zaupa e Smilari.

Alcuni sollecitati dal Presidente per scattare una foto della situazione economica attuale nelle aree di confine che così riassumiamo.

Nel mendrisiotto si assiste alla comparsa di magazzini industriali sfitti. Vengono offerti sul mercato a soli 120 franchi al metro quadrato. Qualche azienda ha chiuso o sta delocalizzando. Ticinesi che all’acquisto di case in Svizzera preferiscono abitazioni in affitto. Altri ancora cominciano a optare per ville e villette in vendita più a buon mercato nei vicini comuni italiani. Rallenta il settore immobiliare nel Cantone di lingua italiana. Qualche frontaliere comincia a lasciare il lavoro in Svizzera per un impiego in Italia, più vicino a casa. Altri, per lo più artigiani e professionisti, per restare soggetti alla sola tassazione svizzera si rivolgono alle autorità elvetiche per proseguire in proprio con una SA o una SAGL .

Al di qua del confine si assiste a frontalieri in coda agli sportelli di sindacati e patronati preoccupati dell’entità della tassazione cui andranno incontro dal gennaio di quest’anno. Sindaci dei comuni italiani di confine solidarizzano con i frontalieri. Assemblee un po’ ovunque. Primi cittadini sulle spine per la possibile riduzione o la scomparsa dei “ristorni”. Tanti frontalieri vorrebbero rientrare ma il tessuto industriale delle zone di confine in Italia non esiste quasi più.

Al contrario cresce il via vai dei pendolari della spesa oltreconfine grazie al cambio favorevole franco/euro e alla nuova norma italiana che ha ridotto a 70 euro l’acquisto minimo per la richiesta del rimborso dell’IVA. Così di qua vanno a gonfie vele centri commerciali e supermercati. Per il momento testimonianze, fatti, non fenomeni sociali. È ancora presto per dire.

Certo, tutti sintomi di un disorientamento che i nuovi accordi fiscali stanno producendo a cascata sulle due economie. Fra i fattori condizionanti la denatalità.

Rimedi? Si è accennato durante la discussione ad una diluizione temporale di un decennio almeno per l’attuazione piena della nuova fiscalità. Ma è già troppo tardi. Realizzazione di zone franche come in alcune aree del Sud Italia? È un’altra delle proposte emersa dal dibattito.

Oppure, tempo per un processo di osmosi fra aree di confine al fine di riequilibrare le economie? Un’altra ancora. Chissà!

Per il momento riflessioni. Riflessioni su un processo in corso consegnate al Gruppo di Lavoro Insubrico del nostro Sodalizio. Ma non solo. Alla politica, alle Autorità preposte. Fatti e testimonianze che già stanno suscitando l’interesse di media e addetti ai lavori.

È di adesso, mentre stiamo inoltrando il bollettino, la notizia che nel luganese, a Balerna e Sant’ Antonino, chiudono le filiali della catena di supermercati Manor. A rischio cento posti di lavoro fra residenti e frontalieri. Un ulteriore segnale delle inquietudini economiche che attraversano queste aree di confine.

Il Presidente: Roberto Troian